Il ricorrere d’una incombente ed imperscrutabile nocturnitas, il conseguente articolarsi delle cromie su una misurata gamma tonale (ove predominano i grigi, i neri e i blu-violetto), l’improvviso e nevrile inserto di schegge ipercromiche (di rossi o gialli che frangono le dense campiture), il tratteggio sintetico e guizzante (ma sempre risoluto nella sua compiuta allusività figurativa) confermano una poetica sentitamente visionaria, capace di trasfigurare il mero dato di natura in un intenso precipitato visivo, sedimentato per sublimazione delle immagini attraverso il filtro capillare d’una matura soggettività.
Lontano da suggestioni superficialmente “mediterranee”, del tutto estraneo ad obblighi di “verismo manierato”, decisamente orientato – piuttosto – verso moduli di ricerca linguistica che prevedono il sapiente embricarsi di astratto e figurato, Enzo Romeo va annoverato fra quegli artisti insulari che hanno saputo adeguarsi alle istanze della contemporaneità, procedendo nel senso del superamento delle gore e delle convenzioni della tradizione autoctona, senza che ciò abbia però implicato il rinnegamento della piena e classica centralità della pittura.
Pittura intesa non come sterile esercizio virtuosistico o come semplice mezzo col quale acquisire uno spazio di mercato, ma come acuto strumento d’espressione grazie al quale disvelare quell’intimo universo affettivo, coltivato nella pausata interrelazione col contesto naturale (e sociale) circostante.
Ciò spiega – quindi – il prevalere di ambientazioni spoglie e notturne, ove la componente umana si riduce al simbolismo totemico d’una barca o alla presenza fantasmatica d’una indistinta figura o ancora ad evanescenti ectoplasmi architettonici. Immagini sospese e quasi decontestualizzate – queste di Romeo – la cui “sicilitudo” si intravede appena nell’incisività di qualche scarto coloristico e in quell’ineludibile pregnanza del paesaggio che percorre come un filo tenacissimo l’intera trama del suo narrare.
Ridotta a puro distillato di interiorità, la Sicilia di Romeo si riscatta così dalla transitoria contingenza sensitiva, consegnandosi a quella assolutezza che è propria delle poetiche meritevoli di resistere all’usura delle mode culturali e degne di farsi credibili “miliaria” nella confusa Babele della contemporaneità.
Salvo Ferlito
PRESENTAZIONE: Salvo Ferlito
RECENSIONI: “La Repubblica” 9 febbraio 2007; “Giornale di Sicilia” Guida Città 9 febbraio 2007; Aldo Gerbino “La Sicilia” 14 febbraio 2007; “La Repubblica” 27 febbraio 2007; “Francesco Scorsone “Centonove” 16 febbraio 2007; Marialaura “Palermo24h.it” febbraio 2007.