Della famiglia Piccolo di Calanovella il più noto è senza dubbio Lucio. Poeta, uomo di cultura di rilievo nazionale ed internazionale, cugino di Tommasi di Lampedusa, cui lo legava anche il comune interesse per le lettere, Lucio Piccolo ha incarnato alla perfezione il modello dell’aristocratico eccentrico ed intellettuale, estraneo alle meschinità del mondo e disinteressatamente dedito alle attività artistiche.
Assai meno conosciuto, ma non per questo meno valido od interessante, è l’operato del fratello Casimiro, il quale è stato un buon fotografo ed acquerellista, e soprattutto uno straordinario disegnatore.
Se nella fotografia – pratica per altro molto diffusa nelle classi egemoni dell’epoca – gli interessi paiono orientati verso “classiche” tematiche naturalistico-botaniche (fiori, agavi) ed etno-antropologiche (contadini, zampognari, carusi-operai), quest’ultime trattate con un piglio scarsamente sociologico – tipico, purtroppo, dei nostri aristocratici – e tendenzialmente bozzettistico-veristico, nella pittura, invece, l’immaginazione di Casimiro Piccolo pare librarsi con originale inventiva fabulistica, sconfinando nei territori del magico e del fantastico.
Infatti, accanto a una produzione paesaggistica decisamente più scontata e a qualche piccolo ritratto coerente con i suddetti gusti fotografici (da cui si discosta solamente, per la qualità intimistica, un’immagine di Teresa Tasca Filangieri, colta di spalle intenta a lavorare), è la serie di piccoli e deliziosi disegni colorati ad acquarello, raffiguranti elfi, maghi e vari personaggi, a costituire – senz’ombra di dubbio – il meglio della pittura del nostro nobiluomo.
Anticipando di molti decenni le atmosfere “potteriane”, oggi così in voga, l’artista siciliano ha saputo infatti dare forma delicata ed elegante – senza quindi scadere in una visionarietà macabra od orrorifica – ad un universo misterioso ed esoterico, del quale, sensitivamente, egli avvertiva il murmure sommesso ma vivace.
D’estrema raffinatezza grafica, riccamente colorati con morbidi effetti di trascoloramento atmosferico, tratteggiati con gusto gradevolmente caricaturale, questi piccoli personaggi rappresentano per tanto la migliore testimonianza d’una poetica incantata e visionaria, al contempo canto del cigno e simbolico ultimo rifugio d’una sensibilità aristocratica probabilmente già consapevole dell’inarrestabile declino del proprio mondo. In tal senso, essi costituiscono l’imperdibile documento visuale d’una era ormai conclusa – quella del predominio baronale – che, pur fra i tanti guasti arrecati alla società, ha fortunatamente saputo anche lasciare valide vestigia, degne di profonda ammirazione.
Salvo Ferlito
INTERVENTI CRITICI: Bent Parodi, Aurelio Pes, Tommaso Romano
PATROCINIO: Fondazione Piccolo di Calanovella, Ufficio Speciale BB. CC. Regione Siciliana
RECENSIONI: “Giornale di Sicilia” Guida Città 8 febbraio 2004; Simonetta Trovato “Giornale di Sicilia” Guida Città 20 gennaio 2004; Salvo Ferlito www.pittorica.it gennaio 2004.