[…] È sempre da qualche altra parte, non perchè si annoi quando qualcuno la va a trovare, o si rifiuti ad una conversazione di gruppo il cui tema principale è l’insulsaggine dei concetti appena dibattuti, piuttosto perchè l’artista sperimentale, e lei è una vera “descubridora”, quando avanza nella terra di nessuno, non ha molto tempo da dedicare agli altri. Può dedicare l’affetto, quello sì, ma non il cervello e le mani, la vera sede dell’intelligenza secondo i greci. E per essere sicuri di ritrovarla quando è sparita, la si può cercare in qualche zona di confine, borderline, mentre insegue soluzioni impossibili, in quello stretto spazio che esiste ancora tra il colpo di genio e la cazzata. E non è detto che si ritrovi sempre dalla parte giusta, e sto parlando, naturalmente, anche di piccole audace, di dilemmi e scelte d’arte che non sono tra Roma e morte, ma piuttosto tra Roma e orte, come diceva Longanesi. Ma qualsiasi tentativo, anche il più modesto, di uscire dal vagone piombato delle idee ricevute e di fare in modo che l’ingombrante treno delle cose viste venga deragliato e vada in malora, è sempre infinitamente meglio del copia copia generale che caratterizza una buona parte dell’arte contemporanea. […] Quindi state attenti a quell’aria svagata che spesso assume: è la conseguenza di questo stare altrove e maschera una determinazione e una convinzione in tutto quello che intraprende, così da renderla soavemente temibile. Una volta l’ho paragonata a Miss Marple, celeberrimo personaggio di Agatha Cristie che sempre viene sottovalutta dall’assassino spietato, il quale poi però non riesce mai a cavarsela quando c’è la gentile signora nei dintorni. E qualche giorno fa, nel suo studio, passando in rassegna gli acquarelli che doveva spedire a Palermo, mi è venuto spontaneo di dirle che aveva scelto una tecnica pittorica in qualche modo simile a lei. Perchè tutt’e due, la tecnica e l’interprete, si presentavano alla gente, come diceva Tina Pica, con una messa in scena così ingannevole, che vale la pena di parlarne. In Italia l’acquarello non ha mai avuto un maestre delle proporzioni di Turner in Inghilterra, di Klee in Svizzera e in Germania. Un pò appesantiti dal peso di una meravigliosa, ma ingombrante, qui gli artisti hanno sempre preferito l’olio, dopo i magnifici secoli dell’affresco. A molti la leggerezza dei colori che contengono l’acqua, la loro superba trasparenza è sempre sembrato un difetto, in particolare per le opere grandi, ma anche per quelle di minore formato. […] Elisa lavora all’acquerello in maniera molto diversa da Klee, che con tutta la sua leggerezza ha sempre antenati teutonici, altrimenti non ce l’avrebbe fatta a trasportare su tela o cartone tutto quel mondo, come contenuto in un acquario o nel liquido trasparente di una cellula e visto al microscopio. Elisa non ha questi patemi di linea e di controllo, lascia che l’acqua trasbordi e vada in giro senza troppi controlli, lasciando molto al caso. Ma è un caso di cui è andata a caccia o sulle traccie, come i grandi fotografi alla Cartier Bresson: anche loro si erano affidati al cso, ma in una materia tale da incontrarlo, prima o poi. E nessuno ha mai avuto dubbi, guardando le sue opere che anche questa volta l’imprevedibile e il non controllabile abbiano fatto il loro dovere.
Stefano Malatesta
PRESENTAZIONE: Stefano Malatesta
SPONSOR: Planeta. Cantine e vigneti a Menfi, Sambuca, Vittoria, Noto.
RECENSIONI: “la Repubblica” 9 dicembre 2004; “la Repubblica” 10 dicembre 2004; “Giornale di Sicilia” 10 dicembre 2004, GdS 5 gennaio 2005.