Contrariamente ai romani che definivano il Mediterraneo come “nostrum”, io lo intendo “nostro”, di noi siciliani e mio.
Questo è il mare che io amo e che da millenni, sulle sponde della Sicilia occidentale, ha visto vivere e lavorare generazioni di uomini che ne hanno fatto la loro fonte di vita.
La pesca del tonno rappresenta il più impegnativo e arduo lavoro cui questa gente si dedica ancora con passione e costanza, nonostante l’urgenza del progresso. Affascinata da questo mondo dai toni forti e purissimi, non posso non dire, col povero mezzo del mio pennello, tutta la mia emozione e il mio amore.
La costruzione della camera della morte sotto un aurora splendida e benigna; tre barche sorelle che oscillano nella brezza in attesa del consueto lavoro; un gruppo di ancore abbandonate all’offesa del tempo, tra ciuffi d’erba; un barcone carico del pescato, coperto da una coltre di ghiaccio e di sale; la teatralità degli ambienti della tonnara, pregna della religiosità del lavoro.
Ringrazio Dio che mi ha dato un cuore per amare e una mano per raccontare.
Filippina Lanza Sangiuliano
RECENSIONI: “La Repubblica” 21 gennaio 2006; Guida Città “Giornale di Sicilia” 21, 31 gennaio, 1 febbraio 2006; “La Repubblica” 1 febbraio 2006; Aldo Gerbino “Giornale di Sicilia” 31 gennaio 2006; “Lapis” n. 139; “Guidasicilia.it” febbraio 2005.